OLTRE IL GIARDINO
Italia Nostra
Cecilia Pacini
Terza Puntata
Italia Nostra in collaborazione con Tele
Elba
21 marzo 2014
Continua la rubrica settimanale di Tele Elba in
collaborazione con Italia Nostra Sezione dell’isola d’Elba e Giglio che
ha per tema centrale il verde pubblico inteso come qualità di vita.
Questa puntata è dedicata all’oleandro, o meglio
all’abuso dell’oleandro. Mi rendo conto
che dedicare una puntata intera a una pianta sola può sembrare strano, con
tutti i problemi che ci sono. Ho scelto
l’oleandro come simbolo per l’attuale banalizzazione, in questo caso, l’
“oleandrizzazione” dell’Elba. Dove un
giorno esistevano campagne e vegetazione autoctona naturale, adesso lo sviluppo
urbano ed extra urbano è sottolineato principalmente da distese di pitosfori e
oleandri, che sembrano le piante per eccellenza deputate a ornare i nostri
spazi nuovi, sia residenziali che pubblici.
L’oleandro è una pianta facile, gentile, robusta,
allegra, colorata, che ama il nostro clima italiano e riesce ad attecchire e
prosperare pressoché ovunque. Se di “oleandrizzazione”
dobbiamo morire, allora perché non rispettare le caratteristiche di questa
pianta? Insieme alla banalizzazione del
nostro verde esiste un appiattimento delle competenze delle persone che se ne
occupano.
Riprendo qui qualche passo di un’intervista del 2010 al Tirreno,
ancora attualissima. “Sindaci, attenti”,
sottolinea l’arch. Paolo Pejrone, un quasi elbano DOC conosciuto e stimato in
tutto il mondo, ma ancora poco conosciuto all’Elba. La sua critica è rivolta soprattutto agli
amministratori, che - dice - spesso scambiano “gli alberi per pali”, elencando
numeri di essenze messe a dimora senza ricordare quante di queste moriranno.
Per colpa dell’incuria, o semplicemente per errori nella scelta del luogo e dei
tempi... Si ispirino al nord Europa o ai francesi, suggerisce citando esempi
pratici, maestri attuali del verde pubblico.
L’architetto Pejrone promuove i
viali di palme (non quelle tristi isolate, immolate sulle rotatorie) e plaude alle
piante semplici: oleandri, edera - valido sistema per coprire il cemento -;
boccia i pratini all’inglese, troppo costosi e innaturali, così li definisce.
Boccia anche la moda della “giardineria” di rotatorie e uscite stradali. E
invita a progettare giardini pubblici sicuri e ben illuminati. Pochi parchi - è
il suo consiglio - ma grandi, fruibili e ben tenuti.”
Continua l’architetto: “fra le mie abitudini
progettuali c’è quella di fare dei giardini che siano capaci di crescere da
soli, di evolversi nel tempo con una richiesta minima di interventi da parte
del proprietario, così da ridurre i costi della manutenzione. Bisogna curarne
la crescita, ma se a monte si è fatta la scelta delle piante giuste per il
posto, saranno sufficienti poche cure e solo qualche potatura per riequilibrare
i volumi. Nei miei progetti non faccio nessuna ricerca di “bravure
psicologiche”, le aborro perché preferisco rispettare la dignità del giardino
stesso, delle piante che lo compongono. Per me nella creazione di un giardino sono
infatti più importanti le piante del disegno. La parte architettonica può
esistere ed essere molto bella, ma non ha mai un peso maggiore rispetto alla componente
vegetale.”
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